Ma per rendersi conto di come la politica urbanistica serve anche nella fase gestionale del piano e come anche un buon prodotto normativo può dar luogo a risultati sconcertanti, basta che guardiamo questo progetto che ha elaborato un importante architetto romano, che ho fatto fotocopiare e distribuire random ai consiglieri e agli assessori. Esso fa vedere il primo lotto del parco urbano, quaranta ettari, dove sfido chiunque a riconoscere a prima vista il parco all’interno di questo disegno! Manca il verde, manca un disegno di passeggiata. È chiaro che questo piano rappresenta certamente un’applicazione della variante del ’96; ma in base alle stesse prescrizioni si poteva progettare un parco simile ai giardini vanvitelliani della Reggia di Caserta, a Villa Borghese, al bosco di Capodimonte e invece il risultato è stato un parco da villaggio Coppola! Occorre quindi, nell’osservanza dei vincoli della variante occidentale, che difendiamo con forza ([si rivolge all’assessore Sodano] assessore Sodano stiamo parlando di parchi, quindi di una materia che riguarda la sua diretta competenza), rimediare a questi errori.
Passiamo quindi al secondo capitolo della relazione e cioè agli strumenti gestionali per l’attuazione della variante occidentale. Occorre rimettere ordine in quello che è stato lo strumento che il comune ha scelto per realizzare il piano urbanistico di Bagnoli ossia la società di trasformazione urbana, che a mio parere va radicalmente riformata, prima di tutto in termini di compiti e di mission e poi, come conseguenza necessaria ma subordinata, anche in termini di uomini. In questi anni è accaduto che la totale assenza di una politica urbanistica ha determinato una surroga della stessa da parte dell’organo che avrebbe dovuto eseguirla. La STU, tuttavia, essendo appunto una SPA, non poteva che dare attuazione alla propria politica di ricerca dell’equilibrio economico- finanziario (riuscendovi tra l’altro in modo chiaramente fallimentare).
La politica urbanistica è quindi scomparsa. Quello che sto dicendo non è una interpretazione dei dati di fatto: è scritto a chiare lettere negli atti amministrativi di questo comune. Se noi consideriamo la delibera della giunta comunale 221 del 4 marzo 2011 che giustamente l’assessore De Falco vuole rivedere nella sua complessità, questa delibera, dicevo, afferma in maniera candida, nell’iter motivazione, che l’input per l’approvazione della delibera stessa, cioè per la redistribuzione della quota di edilizia residenziale e della quota di edilizia di beni e servizi, è scaturito dalla società di trasformazione urbana che ha chiesto, ed è scritto nero su bianco nella delibera, all’amministrazione comunale una variante in deroga al piano regolatore generale di cui avrebbe dovuto essere invece il garante dell’attuazione.
Ma cosa era successo? Dopo che la prima gara per la vendita dei suoli era andata deserta, e apprendiamo dalle parole del Sindaco che sta andando deserta anche la seconda gara, evidentemente la STU ha ritenuto di ergersi a decisore politico, ritenendo che fosse andata deserta perché era sbagliato il rapporto fra residenza e terziario e quindi ci volevano più residenze e meno terziario per rendere l’operazione immobiliare economicamente appetibile. La STU ha sbagliato anche questa valutazione perché anche la nuova gara è praticamente andata deserta.
Qual’è il dato politico sul quale dobbiamo riflettere? È che la politica urbanistica in questi anni è stata sostituita dalla politica economico-finanziaria della STU. Insomma è stata la coda che ha mosso il cane. Ma questo ha avuto delle rilevanti conseguenze sul principio democratico. In quali sedi la città di Napoli ha discusso di questa modifica che incide profondamente sullo sviluppo della città e sul futuro di quell’area? Perché una cosa è lo sviluppo con prevalenza di terziario, una cosa è lo sviluppo con maggiori quantità di residenze. In quali sedi c’è stato il dibattito? Sono stati interpellati i sindacati, le associazioni, le categorie interessate, i cittadini? Sia chiaro che quello che sto dicendo non lo dico da una prospettiva ambientalista, perché lo stock di cubature è rimasto assolutamente inalterato; ma la modifica delle destinazioni d’uso rappresenta una questione sociale e di prospettiva di sviluppo dell’area di Bagnoli e della città: è in questo senso una questione relativa allo sviluppo sostenibile dell’intera città. Anche ammesso che il fine di questa delibera non fosse stato quello di garantire l’equilibrio economico della società, ma quello di rispondere all’esigenza abitativa, lo strumento appropriato era quello dell’elaborazione di una politica cittadina per l’alloggio che provenisse dalle istituzioni democraticamente elette. Noi non possiamo consentire che scelte di questo tipo siano decise nei consigli di amministrazione di una società per azioni.